Home » Didattica » Psicoterapia interpersonale nel trattamento della Distimia.

A cura di Silvio Bellino e Paola Bozzatello

Il disturbo distimico è un disturbo dello spettro affettivo relativamente poco studiato, sebbene la sua prevalenza nella popolazione generale non sia trascurabile (1,5-2,7%) e alcune caratteristiche cliniche del disturbo determinino una grave compromissione del funzionamento sociale e relazionale dei soggetti che ne sono affetti.

La diagnosi di distimia è stata introdotta nel sistema di classificazione delle patologie psichiatriche nel 1980, nella terza edizione del Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali (DSM-III). Fino a quel momento lo stato depressivo cronico era considerato un disturbo temperamentale o un disordine del carattere ed era denominato con i termini di “depressione nevrotica” o “personalità depressiva” (Kocsis e Frances, 1987).

Il disturbo distimico è clinicamente caratterizzato da sintomi depressivi che sono di entità più modesta rispetto a quelli che si riscontrano nella depressione maggiore, ma che presentano un andamento cronico o subcronico e determinano una prognosi sfavorevole. In particolare, i pazienti affetti da distimia riferiscono un tono dell’umore costantemente deflesso per la maggior parte delle giornate per almeno due anni, disturbi dell’alimentazione e del sonno, anergia, facile affaticabilità, scarsa autostima e sentimenti di sfiducia verso se stessi e il futuro. La cronicità che connota questa patologia psichiatrica e la difficoltà che i pazienti incontrano, dopo molti anni di malattia, a percepire se stessi nel ruolo di non malati ha un impatto molto rilevante sul funzionamento, in particolare sulla capacità di stringere delle relazioni interpersonali soddisfacenti. La terapia psicofarmacologica è un presidio efficace nel migliorare i sintomi legati all’abbassamento del tono timico, ma non è sufficiente a risolvere i problemi e le difficoltà di relazione che sono un elemento chiave del disturbo distimico. I primi approcci psicoterapici alla distimia risalgono al 1984, quando Weissman e Akiskal si proposero di valutare gli effetti di diversi modelli di psicoterapia limitata nel tempo: interpersonale, cognitiva e comportamentale in monoterapia e in associazione ai trattamenti farmacologici (Weissman and Akiskal, 1984).

La psicoterapia interpersonale ha dimostrato di essere un trattamento efficace per la depressione maggiore, sia durante le fasi acute di malattia, sia nel prevenire le ricorrenze (Klerman et al, 1984; Frank et al, 1990). Il terapeuta, in questo modello psicoterapico, aiuta il paziente a riconoscere il legame che esiste tra l’umore e le attuali esperienze interpersonali, focalizzando l’intervento su una di quattro aree interpersonali problematiche: il lutto, il conflitto interpersonale, la transizione di ruolo e il deficit interpersonale. Markowitz e collaboratori (1993) hanno elaborato uno specifico adattamento della psicoterapia interpersonale tradizionale al disturbo distimico, considerando che, a differenza di quanto avviene nella depressione maggiore, nei pazienti con distimia non si riscontrano eventi acuti precipitanti che determinano un aggravamento delle condizioni psicopatologiche e sottolineando che la cronicità del disturbo non consente ai pazienti di conservare ricordi legati ai periodi di eutimia. L’adattamento dell’IPT al disturbo distimico si propone di far comprendere al paziente che l’attuale sintomatologia è legata ad un disturbo psichico cronico e di promuovere il cambiamento dallo stato depressivo alla condizione di eutimia . Il terapeuta e il paziente lavorano entrambi attivamente per promuovere le aspettative di cambiamento, focalizzandosi sul qui e ora e tentando di modificare la percezione di sé nel contesto ambientale. L’obiettivo dell’IPT adattata alla distimia è quello di far sperimentare al paziente una “transizione di ruolo iatrogena”, ossia aiutare il paziente ad abbandonare l’idea di essere una persona malata, senza speranza e senza possibilità di condurre un’esistenza normale, per essere finalmente in grado di pensare a se stesso come individuo sano, senza depressione. Spesso i soggetti affetti da distimia hanno perso la capacità di distinguere il proprio modo di essere e di rapportarsi agli altri dallo stato depressivo, che durante gli anni di malattia tende inevitabilmente ad amalgamarsi e a confondersi con la personalità dell’individuo. Durante il trattamento il paziente impara a differenziare una patologia a decorso cronico, quale la distimia, dalla propria personalità e dalle proprie attitudini e la risoluzione della transizione di ruolo coincide con la remissione del disturbo. I fallimenti interpersonali dei pazienti con disturbo distimico sono in parte riconducibili alla soppressione dei sentimenti di rabbia e ai tratti masochistici che caratterizzano questi individui. L’IPT adattata alla distimia si concentra sull’esplorazione dei bisogni del paziente e sull’incoraggiamento ad esprimere questi sentimenti nella relazione terapeutica, tentando di creare un collegamento tra l’affetto e una specifica situazione interpersonale e promuovere la ripresa delle relazioni che si sono atrofizzate a causa della cronicità della patologia. In questo modo il paziente può recuperare l’attitudine a relazionarsi con gli altri in un contesto di non-depressione.

L’IPT adattata alla distimia si articola in 16 sedute settimanali della durata di 50 minuti. I pazienti che rispondono alla terapia dopo 16 settimane proseguono il trattamento con una seduta mensile per sei mesi al fine di consolidare i risultati ottenuti e costruire dei ricordi di funzionamento eutimico.

Il disturbo distimico è una patologia psichiatrica difficile da trattare. Tuttavia, la letteratura disponibile presenta alcuni risultati incoraggianti. Gli studi che hanno valutato l’efficacia della psicoterapia interpersonale nel trattamento della depressione cronica in monoterapia mostrano alcuni benefici di questo tipo di intervento (Browne et al, 2002; Markowitz et al, 2005), anche se il trattamento con evidenze di efficacia più consistenti è quello che associa la farmacoterapia e la psicoterapia (Feijò del Mello et al, 2001; Hellerstein et al, 2001; Cuijpers et al, 2010).

Bibliografia

Browne G, Steiner M, Roberts J, Gafni A, Byrne C, Dunn E, Bell B, Mills M, Chalklin L, Wallik D, Kraemer J. Sertraline and/or interpersonal psychotherapy for patients with dysthymic disorder in primary care: 6 month comparison with longitudinal 2 year follow-up of effectiveness and costs. Journal of Affective Disorders 2002; 68: 317-330.

Cuijpers P, Van Straten A, Schuurmans J, Van Oppen P, Hollon SD, Andersson G. Psychotherapy for chronic major depression and dysthymia: a meta-analysis. Clinica Psychology Review 2010; 30:51-62.

Feijó de Mello M, Myczcowisk LM, Menezes PR. A randomized controlled trial comparing moclobemide and moclobemide plus interpersonal psychotherapy in the treatment of dysthymic disorder. Journal of Psychotherapy Practice and Research 2001; 10, 117-123.

Frank E, Kupfer DJ, Perel JM, Cornes C, Jarrett DB, Mallinger AG, Thase ME, McEachran AB, Grochocinski VJ. Three-year outcomes for maintenance therapies in recurrent depression. Arch Gen Psychiatry 1990; 47:1093-1099.

Hellerstein DJ, Little SAS, Samstag LW, Batchelder S, Muran JC, Fedak M, Kreditor D, Rosenthal RN, Winston A: Adding group psychotherapy to medication treatment in dysthymia. Journal of Psychotherapy Practice and Research 2001; 10:93-103.

Klerman GL, Weissman MM, Rounsaville BJ, Chevron ES. Interpersonal Psychotherapy of Depression. New York, Basic Books, 1984.

Kocsis JH, Frances AJ. A critical discussion of DSM-III dysthymic disorder. American Journal of Psychiatry 1987; 144: 1534-1542.

Markowitz JC, Klerman GL. Manual for interpersonal psychotherapy of dysthymia. New York, Cornell University Medical College, Department of Psychiatry, 1993.

Markowitz JC, Kocsis JH, Bleiberg KL, Christos PJ, Sacks MH: A comparative trial of psychotherapy and pharmacotherapy for “pure” dysthymic patients. Journal of Affective Disorders 2005; 89:167-175.

Weissman MM, Akiskal HS. The role of psychotherapy in chronic depressions: a proposal. Comprehensive Psychiatry 1984; 25: 23-31.

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